GENTILISSIMO PROF. RAIMONDO,
Sono la mamma [adottiva] di Obugella Bufalieri, da tutti chiamato Abugi, il ragazzo da Lei sottoposto, in data 8 luglio c.m., ad alcune cure odontoiatriche.
Mi permetto inviareLe queste poche righe, innanzitutto per ringraziarLa del suo eccellente operato ed esprimere tutta la mia gratitudine anche a tutti i suoi collaboratori che si sono dimostrati molto preparati dal punto di vista professionale e disponibili, in tutti i sensi, sia nei confronti di mio figlio che di tutti gli altri pazienti, purtroppo tutti in situazione di gravità, in quanto portatori di handicap gravi.
Se mi è consentito, vorrei metterLa al corrente della splendida circostanza che ha cambiato la vita di tutta la mia famiglia. Le premetto che, avendo già due bellissimi figli ed in pieno accordo sia con loro che con mio marito, tutti insieme abbiamo preso la decisione di prenderci cura di questa meravigliosa creatura che anche Lei ha avuto l’opportunità di conoscere.
Qualche anno fa Abugi, quando aveva solo pochi mesi, si trovava in una situazione di estrema gravità ed era stato affidato all’Ambasciata del suo Paese che a sua volta lo aveva lasciato in custodia ad alcune assistenti o badanti sempre provenienti da Paesi stranieri, le quali, tutto facevano tranne che prendersi cura di questa creatura. Mia figlia Luana facendo parte del corpo dei volontari della nostra parrocchia frequentava giornalmente il reparto di pediatria dell’ospedale Policlinico Umberto I° ed ebbe lei per prima la fortuna di conoscere Abugi, a cui i medici, dato il grave handicap [idrocefalia congenita], davano poche speranze di sopravvivenza. E fu grazie ai suoi continui solleciti che mi recai personalmente in ospedale per conoscere questo bambino e al momento dell’incontro tra me e lui è scattato qualcosa di magico: infatti credo di averlo guardato talmente con tanta tenerezza ed amore che lui, immediatamente, muovendo la sua piccola bocca, sembrò che mi stesse chiamando “mamma”.
Da allora sono iniziate tutte le nostre peripezie: pur lavorando e dovendo prendermi cura della mia famiglia, tutti i pomeriggi li passavo in ospedale con Abugi; dal momento che era molto piccolo e, a mio modesto parere anche mal nutrito, cominciai a portargli delle pappe molto sostanziose e, a distanza di poco tempo, già si era irrobustito. Dopo alcuni mesi, inaspettatamente, l’Ambasciata predispose il suo rimpatrio; io e tutta la mia famiglia eravamo veramente disperati perché sembrava che non ci fosse nessuna soluzione, ma all’improvviso [e qui credo che ci sia stata proprio la volontà di Dio] tramite un mio collega, che a quel tempo conoscevo molto poco, e ad una sua conoscenza presso l’Ambasciata si riuscì a bloccare il rimpatrio.
Dimesso dal Policlinico Umberto I° e ricoverato presso una clinica, Abugi restava sempre in attesa del rimpatrio. Noi vivevamo nel terrore che un qualsiasi giorno non l’avremmo più ritrovato. “Fortunatamente” per noi il figlio dell’Ambasciatore per un serio intervento chirurgico ebbe bisogno di sangue e mio marito si offrì di darglielo, ottenendo in cambio dall’Ambasciata il permesso di tenere Abugi con noi per i fine settimana. La cosa ci rese tutti molto felici, però era veramente molto triste quando, la domenica sera, eravamo costretti a riportarlo in clinica dopo aver aspettato che si addormentasse per far sì che non piangesse.
Non si poteva andare avanti in quelle condizioni. Così un giorno prendemmo contatti con un avvocato, che avendo dei parenti nel Paese di origine di Abugi poteva entrarvi senza troppe difficoltà; a nostre spese si recò presso la famiglia di origine di nostro figlio riuscendo ad ottenere la documentazione necessaria per richiedere la tutela e conseguentemente l’affidamento dal Tribunale dei minori di Roma [in presenza del giudice, Dott.ssa Marcazzan, mettemmo per iscritto che non avremmo mai accettato alcun compenso poiché noi facevamo questo soltanto per il grande amore che provavamo per questa creatura].
A distanza di un paio di anni abbiamo anche avviato le pratiche per l’adozione; che grazie a Dio, alla disponibilità della famiglia di origine e grazie anche alla disponibilità dell’allora Presidente del Tribunale dei minori di Roma siamo riusciti ad ottenere con nostra immensa gioia.
Nel corso questi anni il papà naturale di Abugi è venuto a trovarci tre volte, trattenendosi alcune settimane nella nostra casa, e noi tutti ogni volta che deve tornare nel suo Paese non riusciamo a trattenere le lacrime perché, essendo il papà di Abugi, lo amiamo come se fosse un nostro fratello e lo ringraziamo sempre di averci fatto questo grande dono.
La ringrazio di nuovo e la saluto cordialmente
Aurelia Morini