«Un re, un magistrato, un grande uomo oltrepassando questo cancello deve fare il conto che ha perso tutto, la vita e pure il nome . Perciò stammi a sentire, sopportami vicino cosa ti importa, queste pagliacciate le fanno solo i vivi, noi siamo seri apparteniamo alla morte» Con queste parole si conclude la livella di Totò. È l’invito che Esposito Gennaro,«netturbino tutto fetente», rivolge ad un nobiluomo il quale, irritato perché seppellito vicino a lui,lo invitava a collocarsi più lontano con la sua tomba. Rifletto spesso su queste parole. Una grande lezione apprendo da questa poesia che può essere utile a noi che ancora siamo su questa terra e cioè saper cogliere il giusto valore che dobbiamo dare alla persona, quale essa sia, ricca, povera, colta, ignorante, arrogante, buona. Ho sempre valutato attentamente nel corso della mie esperienze che l’attento esame “a posteriori” delle relazioni tra le persone conduce, inevitabilmente, a chi non fà discriminazione, ad una ricchezza che non è solo di carattere morale o economico, ma occasione di incontri straordinari, occasioni altrimenti mai vissute, intimità altrimenti mai provate, ma che forse cercavamo. Non sò se è la giusta ricompensa che ci spetta e con cui dobbiamo prima o poi confrontarci, ma sono convinto che la formula del servizio agli altri alla lunga è vincente.
Un giorno indirizzai un indigente presso un centro dentistico di volontari odontoiatri per le sue cure dentarie. Tornò contento e mi invitò a conoscere la sua dentista indiana con cui si era trovato bene dopo vari insuccessi con altri dentisti. Non mi occorreva collaborare con una nuova dentista, ma era tanta l’insistenza del paziente che mi convinsi. Effettivamente valutai con positività questo incontro. La dottoressa giunta al mio studio apprezzò un testo che avevo nella mia libreria, poggiato sul mucchio di tanti testi, che parla della loro religione e che il giorno prima avevo acquistato da un seguace di Krishna. Dopo una breve chiacchierata abbiamo scoperto di avere in comune un Master di Pedodonzia all’Università di Roma. Molto brava è stata assunta nel mio ambulatorio come consulente pedodontista.
Un altro episodio. Da studente universitario cercavo un alloggio a Roma e non riuscivo a trovarlo adatto alle mie capacità finanziarie. Fu un ragazzo a cui spesso facevo compagnia, nei suoi momenti peggiori di astinenza dalla droga, che incontrandomi per strada mi disse di andare da una sua vicina di casa che affittava una stanza per studenti. E così trovai casa. Mi ricordo che incontrai un vagabondo, sporco, con gli abiti luridi e strappati, giovanissimo. Lo invitai a casa, lo feci lavare, lo vestii di nuovo. Il barbiere non sapeva da dove iniziare a tagliare, tanta era la chioma. La sera lo condussi in una sede dei carabinieri a cercare la sua famiglia, ma non collaborò. D’accordo con loro lo condussi dalle suore di Madre Teresa di Calcutta ai Fori Imperiali. Io, in quel periodo, passavo un momento particolare della mia vita. Uscivo da una profonda crisi sentimentale e cercavo risposte come medico. Il giorno dopo pranzammo insieme al Circolo S. Pietro di Testaccio. Ricordo ancora il menù. Mentre pranzavamo colse la mia tristezza e le amarezze del momento e mi disse che avrei avuto un bel futuro. Lo accompagnai a casa. Non lo vidi più. Le suore mi dissero di aver trovato in ordine la sua stanza e di non averlo più trovato in camera come se non fosse mai stato lì. Al ritorno dall’ Istituto incontrai un amico lungo il cammino. «Cosa fai di bello» mi chiese. «Nulla» risposi. «Sono in cerca di lavoro». «Ho quello che fa per te». È fu così che cambiò la mia vita.
Tanti altri episodi potrei raccontare. Da tutti un solo insegnamento: «stringiamoci tra le mani e varchiamo insieme quel cancello».