MEDICAL TEAM MAGAZINE Anno 2 - Numero 1 - gen/feb 2003
Quando tutto ormai ti sembra finito, una grave malattia sta portando via una persona cara e ti senti dire «purtroppo la prognosi è grave, le rimangono pochi mesi di vita», non perdere la speranza. Questo perché è l’uomo che interpreta dei dati e pertanto può sbagliare. Allora, non abbandonarti all’inevitabile ma scuotiti, apri gli occhi e comincia a guardare intorno.
Purtroppo è successo a me, ad un medico.
A mia madre, per una grossa massa renale dx (circa 10cm) e sn (circa 2cm) con profuse e confluenti metastasi retroperitoneali intorno alla vena cava (pacchetti linfonodali) e sopraclaveari, ricoverata presso un noto Centro Universitario Romano, le è stato diagnosticato un grave tumore renale ormai in stadio avanzato.
È stato deciso così di sottoporla a nefrectomia totale dx e parziale sx con probabile dialisi futura e escissione dei pacchetti linfonodali, ove più possibile, in attesa ovviamente dell’esito infausto.
Non mi sono mai rassegnato a tale diagnosi anche se i colleghi mi facevano notare che dall’aspetto delle masse rilevate alla TAC non poteva trattarsi di altro tipo di tumore.
Ma un passaggio mancava, forse il più importante: la diagnosi istologica.
Così, dimessa dal 1° ricovero, effettua in Day Hospital la biopsia del linfonodo sopraclaveare presso l’ospedale «Il Gemelli» dalla quale si effettua la diagnosi istologica di linfoma N-H, confermata successivamente da una biopsia renale presso l’ospedale «S. Eugenio». Il trattamento, come sappiamo, diventa chemioterapico (CHOP) con enorme aspettative di vita.
Dopo il 3° ciclo la grossa massa si è ridotta dell’80%. Ringrazio l’equipe di Ematologia del Prof. Amadori dell’Università di «TorVergata» ed in particolare il Dr. Alessio Perrotti che mi hanno confermato che non bisogna perdere la speranza.